La pandemia ha portato i lavoratori di tutto il mondo a cambiare radicalmente il loro modo di lavorare, in alcuni casi, ha addirittura cambiato l’idea stessa di lavoro. 

In modi diversi, i cambiamenti hanno colpito tutti: in alcuni casi, il fatto stesso di essere costretti a fermarsi, ha spinto gli individui a fare riflessioni inedite, interrogandosi sul senso e sui modi del lavoro. In altri, ha fatto sperimentare modalità di lavoro da remoto, che hanno generato situazioni prima impensabili.

In entrambi i casi, le persone hanno ripensato la relazione con il proprio lavoro e, spesso, anche al proprio equilibrio tra vita privata e lavorativa.

Negli Stati Uniti, questi ripensamenti e riflessioni hanno dato vita a un fenomeno denominato ‘the Great Resignation’: una moltitudine di lavoratori ha rassegnato le proprie dimissioni e si è messo alla ricerca di un lavoro più adatto a sé e alle proprie attitudini.

Una così grande fluidità del mercato del lavoro ha fatto emergere in modo molto chiaro il fatto che i lavoratori sono molto meno disposti di un tempo a fare compromessi con i loro datori di lavoro.

Le persone sembrano cercare, oggi più che mai, un lavoro in linea con i propri ideali, o un lavoro che permetta loro di conservare la flessibilità guadagnata durante i mesi della pandemia.

Ma se il mondo del lavoro si orienta davvero verso un modo di lavorare sempre più ibrido, sarà inevitabile rivedere tutte quelle prassi che sono rimaste invariate e ancorate a un contesto che non esiste più.

Il lavoro svolto in remoto ha portato, in molti casi, ad un aumento della produttività. Ha reso più sottili e flessibili i confini tra vita privata e vita lavorativa e ha ‘parcellizzato’ il lavoro per renderlo più gestibile.

La suddivisione del lavoro, attraverso l’individuazione di task chiari e di referenti sono tra i sistemi più pratici per poter gestire persone che si trovano a lavorare da remoto e in modo asincronico.

Questo tipo di gestione però comporta dei rischi sottili, ma determinanti per l’organizzazione: infatti, nonostante la produttività aumenti, diminuisce la capacità degli individui di essere consapevoli di agire non solo come ‘individui’ e ‘professionisti’, ma anche di essere l’organizzazione stessa.

Lavorare in modo parcellizzato e con obiettivi specifici, infatti, può valorizzare il piano personale e professionale dei lavoratori, ma tende a non considerare più il livello istituzionale e organizzativo. Senza questa dimensione l’organizzazione stessa non sta più insieme, si sfalda come un castello di sabbia asciutta.

La complessità del mondo in cui le organizzazioni si muovono rende necessaria e imprescindibile una responsabilizzazione (accountability) dei lavoratori da un punto di vista istituzionale e organizzativo.

L’altissimo rischio che si corre altrimenti, laddove si verificano difficoltà, è che le persone sostengano l’alibi: “ma io, il mio, l’ho fatto”. Quando, invece, per funzionare le organizzazioni hanno bisogno di persone capaci di interrogarsi sul senso più ampio delle proprie prestazioni, sviluppando uno sguardo sistemico.

All’interno dei sistemi complessi, infatti, non esistono nessi lineari causa-effetto, per questo non è possibile suddividere il lavoro semplicemente in un insieme di task da portare a termine: essi possono essere una parte, ma non l’insieme. Per poter gestire la complessità occorre uno sguardo che tenga presente l’insieme. Significa che ogni individuo, che partecipa all’organizzazione abbia la possibilità di lavorare in una cornice contestuale che lo riporti a questa dimensione collettiva e sistemica.

Per decenni molti elementi di questa cornice contestuale sono stati dati dagli ambienti fisici, dalle relazioni tangibili tra colleghi, dal fatto di vedersi, di toccarsi, di camminare per gli stessi corridoi o utilizzare le stesse scrivanie.

Non che questi siano elementi imprescindibili in assoluto, ma è necessario mettere a fuoco che la presenza o l’assenza di questi elementi non è trascurabile. Per questo, per poter lavorare e produrre all’interno di organizzazioni sane, in grado di produrre benessere, è importante capire come riportare il significato che una volta era contenuto in queste prassi in una dinamica di lavoro flessibile e spesso dematerializzata.

La flessibilità data dal lavoro da remoto è uno strumento potente, che le organizzazioni devono imparare a maneggiare con cura, per non perdersi il fatto che partecipare alla vita di un’organizzazione non significa solo fare il proprio lavoro, ma significa essere l’organizzazione stessa.